Nel ’62 ho avviato un’altra trattoria a Chiari. Quell’anno, ho fatto sant’Antonio a Castel e San Faustino a Chiari. Si chiamava “Trattoria Stefanelli”, con la scritta sopra il muro “ Vini meridionali”. Sì perché prima lì c’era la cantina. In trattoria, solo uomini.
Tanti erano di campagna, avevano i soldi. Giocavano a carte, a “Bigia” e a “Tresette”. Anch’io mi sedevo al tavolo. Giocavo quando mancava il quarto. E dietro, gli uomini che guardavano. Io non volevo giocare soldi. Quando vincevo, facevo comandare il vino, il caffè a loro, a quelli che avevano perso. Ho rischiato con il “gioco del buco”, perché era proibito, così abbiamo preso la multa. Non è stata l’unica. C’era una legge per vendere i superalcolici. Mi hanno dato la multa per una specie di camomilla a 21 gradi! Ma non l’ho pagata, perché c’è stata l’amnistia. Invece, quando c’è stata la crisi è uscita una legge che non si poteva accendere la luce. Ma valeva solo per un certo periodo. Io non l’ho più riaccesa. E mi è costata un articolo sul “Corriere della Sera”, giornale di Milano. Così a mie spese, tutti hanno saputo che avevo preso la multa perché non avevo riacceso la luce di fuori, sopra la porta.
Mia suocera Santina io credo si sia affezionata molto a me, come a una figlia. Educata, intelligentissima. La sua intelligenza la usava in famiglia. Sapeva quando non doveva parlare e quello che poteva dirmi. Sempre con rispetto. Prima di iniziare a preparare le pietanze nel retro, dove c’era la cucina, rifaceva i letti. Non so perché, ma il mio non l’ha mai rifatto. Non ce lo siamo mai dette. Forse, ancora per rispetto.
E’ stata un sostegno vero. Mi dava coraggio. “Vai avanti”, mi diceva. Ma non era facile. Alle cinque e mezza ero già al lavoro, poi fino alle due di notte, per pulire i bicchieri e asciugarli – a mano- perché altrimenti rimanevano segnati. E poi ho imparato a far filare dritto tutti gli uomini. Quando i fattori mi passavano vicino, per tenerli lontano io dicevo: “Non farmi le polveri, che non mi serve”. Loro si credevano chissacchì. Ma sapevo che avevano fatto solo la terza elementare. Io sapevo parlare, facevo i discorsi. Ero capace di dire quello che andava detto. E la gente mi rispettava. Ho sempre comandato io. Se uno era ubriaco anche solo con due bicchieri e dava fastidio con quel continuare a parlare, io lo facevo scappare. Ho smesso nel ’79. Avrei voluto lavorare ancora di più, non per me, per i miei figli. Loro avrebbero potuto fare la bella vita, senza lavorare. Lavoravo io per loro, no?

Martina: un’altra generazione
Ripenso a me seduta dietro al tavolone di ciliegio fatto ricoprire di fòrmica color rosa, così si lavorava meglio. La trippa da tagliare a pezzetti e le verdure, sedano, cipolle e le carote, tante carote. Una trippa bella brodosa. E quei locali sempre impregnati dall’odore della trippa. Gli uomini fumavano le sigarette senza filtro. Il fumo denso riempiva il locale e si faceva fatica a respirare. Diventava tutto giallo. I vestiti, i capelli, tutto puzzava di fumo. Mi rivedo vicino alla nonna, sempre con vestitini scuri e il grembiule. Per capire se diventavamo grandi, noi bambini ci misuravamo davanti alla nonna, una donna davvero piccolina. Così ci sentivamo già grandi. Aiutavo in cucina, spreparavo, lavavo i piatti. Mia mamma poteva chiederci di rimanere in trattoria a dare una mano per l’intera giornata. Invece ha scelto di mandarci tutti a scuola. Ha sempre capito l’importanza dello studio. Mia mamma si è messa i pantaloni. Rimasta presto vedova ha dovuto farci anche da padre. E si occupava di ogni cosa, dall’amministrazione, all’organizzazione, alla gestione dell’attività. Ha sacrificato tutta se stessa. Anche per mia nonna è stata così. Lo hanno fatto volentieri, ma oggi non so se è giusto. Bisogna essere capaci di ritagliare anche tempo per sé.

Quando l’unico reddito familiare è quello della donna
Oggi si sta verificando un aumento del numero delle donne che entra nel mondo del lavoro. Non sembrerebbe una tendenza del tutto positiva se considerata come conseguenza dei massicci licenziamenti che hanno interessato parecchi uomini. Così, molte donne italiane si ritrovano a farsi carico dell’intera economia familiare. Come succede per le donne immigrate che, nella maggior parte dei casi, rappresentano l’unica fonte di reddito e sostentamento familiare.