Se mi racconti
semi di storie da viaggio
Non è facile restituire la semplicità. Aurora Luzzi con una scrittura agile, asciutta, ben calibrata ricrea delicate e intense atmosfere quotidiane. Subisce l’affascinu della parola, germogliata dai racconti del nonno Umile, mugnaio-filosofo e maestro di vita, ascoltati seduta su uno sgabello di castagno durante la sacra ritualità della macinazione dei cereali.
Un filo autobiografico riannoda i luoghi dell’infanzia trascorsa in un sud arroccato tra Cantari e Serricella d’Acri, terra aspra e di emigrazione e, in seguito, un nord catturato dai suoi occhi di migrante- pendolare, perché: “quello non è un paese per femmine”, ripeteva sempre la nonna.
Con abilità espressiva, il gesto abituale si fa racconto. Così il percorso ferroviario e la stazione tra Chiari, cittadina della pianura umida e nebbiosa dell’ovest bresciano, e la Milano ricostruita dalle braccia prolifiche dei clarensi pendolari, diventano i luoghi della narrazione. La metropoli, crocevia di gente che si riversa, per disperdersi e poi reincontrarsi ogni mattina alla stazione di Lambrate, al bar Bottini, oppure accalcata alla stazione di porta Garibaldi. Scene di vita ordinaria cariche di vena ironica, e ipocrisie messe a nudo dietro un mondo offuscato dalla frenesia. (Aurora Luzzi, Se mi racconti, Terra d’Ulivi edizioni, Lecce, 2014, euro 12.00).
Poi i racconti di un sud dove ancora pulsa nel sangue la hybris dei Greci, la cultura dei Messapi, con quella presenza di un troppo che permea la quotidianità insieme a un poetico Allegru cori pleni.
Soprattutto quando la memoria ripercorre i luoghi delle proprie radici, lo sguardo bambino di Aurorella esplora la freschezza e la genuinità di una cultura radicata nel lavoro dei contadini e dei pastori regolato dalle bizzarie del tempo. A Cantari tutti concorrono generosi alla costruzione del ponte per attraversare le due sponde della fiumara senza nome, e la porta delle case è sempre ammarrata, segno di ospitalità e accoglienza. Non mancano anche i personaggi malvagi, come u conzaurmelle, il riparatore di ombrelli, malparliere e ingannatore che ordisce le sue trame nell’ombra, o come il ragazzotto sfaccendato, ingrato e spillasoldi.
E vicino alla fiumara, sotto la quercia secolare, lo Scirocco ci immerge nell’inconfondibile profumo di Serricella d’Acri. Come il gusto del piccolo dolce scatena la memoria, così il finocchietto selvatico, l’origano e la mentuccia saturano il vento con il loro tripudio di fragranze, e riconducono l’autrice ai luoghi della cava d’argilla dove sorge la casa nuova. Ogni domenica, l’odore di naftalina delle donne a messa, e il sapore di casa per le uzunquatelle preparate da mamma, cosparse di miele di fichi.
Conosciamo nonna Cristina, un temperamento appassionato alla lite da brava “ rivoluzionaria della conservazione”, donna rocciosa vista piangere solo ai funerali e disposta a cedere le sue trecce bianche al capillaru in cambio di tre fiori di plastica. Fiorina, con i suoi vestiti variopinti da lei stessa cuciti, stampa in segreto santini di ogni foggia e colore per convertire i bambini, inconsapevolmente infedeli. Nonna Anninella, appena trentacinque di piede e un cuore immenso, con premura materna ogni giorno frigge le sarde per Carminiellu, un poveruomo uscito innocente, dopo trent’anni di carcere. Ecco, allora, la cornice narrativa di queste figure femminili travalica i confini di una terra sospesa tra la valle del Crati e la Sila, e diventa occasione per altre donne, in diversi contesti e luoghi, di riconoscersi.
Se mi racconti gioca con le parole del sottotitolo semi di storie . Semi di racconti assecondano il pendolare- viaggiatore, conducono nel viaggio immaginario oltre i confini della propria terra. Sono dedicati a quanti vogliano aprirsi alla bellezza semplice dell’esistenza.
Claudia Piccinelli
Chiari, 6 Gennaio,2015
vedi Link: www. terradulivi.it