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Albertina con la famiglia in Svizzera, anni Sessanta

Sartine e operaie in Svizzera

Siccome a Genova c’è solo il mare, siamo partiti per Zurigo

 Nonna Albertina (Palazzolo S/O).  Tuo nonno l’ho conosciuto al mare, a Genova, quando ero a servizio dalla signora Gnecchi e andavamo tutti in vacanza al mare, in estate. Dopo che mi sono sposata,  de laurà ga n’éra  mia (lavoro non ce n’era), siamo partiti per Zurigo.  La ditta dove lavorava tuo nonno ci aveva dato un appartamento, e dovevamo pagare l’affitto tutti i mesi. Facevano le robe degli idraulici, era una ditta di quelle grosse. Quando che sono arrivata –pota– (intercalare) non conoscevo niente, la lingua, le persone, il posto. Eravamo proprio in centro a Zurigo!  Invece il nonno aveva imparato a parlare, leggere e scrivere il tedesco alle scuole serali. Lo sapeva bene, e le scuole le pagava lui con i soldi che prendeva al lavoro. Ai negozi lì in centro, ci andavo sempre con tuo nonno Stefano, al sabato, perché non conoscevo la lingua. C’è voluto un po’ a me per orizzontarmi. 

Alla partenza, in stazione a Milano, c’era un signore con un berretto della Svizzera che ti prendeva i documenti come  il passaporto, il permesso di soggiorno e la carta d’identità. Il treno era tutto chiuso e si faceva una sola fermata a Ponte Chiasso per la dogana ed il cambio di nazione, dove controllavano tutti i documenti ritirati a Milano Centrale e vedevano se erano in regola. Chi non aveva i documenti in regola lo facevano scendere e c’erano già subito i poliziotti che se lo portavano via. Ti controllavano se avevi un lavoro fisso a Zurigo e se avevi un posto fisso dove abitavi e se avevi qualcosa da dichiarare alla dogana. Il permesso di soggiorno si faceva in Italia prima di partire, durava tre anni e dopo di che bisognava andare agli uffici svizzeri che te lo rinnovavano. Una volta arrivati in stazione a Zurigo, ti ridavano i documenti e tu eri libero di andare in città dove volevi.  La mia seconda figlia è nata a Zurigo, due anni dopo. Abbiamo avuto problemi alla registrazione della nascita perché i tedeschi non erano riusciti a capire il cognome giusto, in  italiano, Alàbiso, e allora l’hanno scritto con una lettera in più, e così è rimasto per sempre: Alabìsio, e anche con l’accento spostato!

Bisognava lavorare, altrimenti ti buttavano fuori dal Paese. Il nonno aveva  un contratto di lavoro, gli avevano fatto firmare un sacco di carte ed il lavoro era fisso. Quando siamo ritornati in Italia, con il mio primo figlio non ci sono stati problemi perché era italiano come me e mio marito, invece con la mia seconda figlia ho dovuto andare a chiedere in Comune il cambio di cittadinanza perché siccome era nata in Svizzera era cittadina tedesca. Così ha fatto il cambio e ha preso la cittadinanza italiana.

vedi link: www.noidonne.org