Poesie
dal profondo carcerario
La narrazione in forma poetica della realtà carceraria è la proposta di questo breve, ma intenso contributo di Maria Grazia Greco (Matricola n. 20478. Il carcere che si prende la vita, Sensibili alle Foglie, Cuneo, 2014, pp. 96, € 14,00).
Interessi su tematiche dell’emarginazione, del disagio sociale e attività di impegno civile hanno portato di recente l’autrice a decidere di lavorare come docente a Rebibbia, nel reparto G12-Alta Sicurezza. Il reparto speciale per mafiosi, camorristi, narcotrafficanti, per chi è condannato a “fine pena mai”. E nel reparto G9, quello dei pedofili e stupratori dove chi ci arriva è emarginato anche dal codice non scritto dagli stessi carcerati.
“Perché mi avete messo qua
nel reparto speciale
il reparto degli infami
dei paria
degli ‘intoccabili’
quelli scansati schifati da tutti
pederasti spie stupratori guardie infedeli
Superiore, te l’ho detto!
Non sono un pederasta, io!
Sì che lo sei.
Se c’è scritto qui è vero.”
Un’esigenza di riflessione e di denuncia, un’altra voce che decide di restituire attraverso parole in versi la non-vita del carcere. La lettura, la cantabilità, l’accostamento più intimo dei versi liberi contribuiscono ad elaborare nell’immaginario la realtà dei reietti umani.
Uno spiraglio, la scelta di sedersi tra i banchi di scuola in un carcere. Volontà di elevazione culturale e intellettuale, e insieme aspirazione al reinserimento nella società. Un’altra possibilità di vita, una volta scontata la pena:
“la scuola in carcere è un’opportunità
che non si può,
che non si deve perdere
un possibile orizzonte d’umanità,
di elevazione
per chi impara e per chi insegna,
per voi che apprendete da noi
per noi
Sì, anche per noi”
Una pena che suona come una vendetta. Senza speranza. Senza appello. Ogni istante là, sottratti alla vista, in celle 3×4, si muore di carcere.
“Superiore, se mi lasciate qui con i pederasti…
Io…IO M’IMPICCO”
“E Impiccati!
Sai che perdita?
Solo uno dei tanti
Solo un rifiuto di meno
Un rifiuto puzzolente di meno!”
Una scrittura immediata e profonda, ricca di forza che costringe a pensare. Parole per un teatro civile, capace di smuovere le coscienze e svelare allo sguardo pubblico la disumanizzazione in atto.
Claudia Piccinelli
vedi link: Rassegna libertaria