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Marco Pirlo, burattinaio

Famiglia Pirlo, burattinai da generazioni

Giovanna, aiutante burattinaia

Ormai sono cinque anni che a settembre veniamo con i nostri spettacoli alla quadra di Villatico. Da 32 anni sono aiutante di mio marito Marco, viene da generazioni di burattinai della  famiglia Pirlo.  Ha iniziato a fare il burattinaio nella scuola materna con i burattini di plastica, a 12 anni. Per costruire il teatrino metteva un tavolo sopra l’altro. Andava col motorino. Le storie imparate a memoria tramandate da suo padre Franco e da suo nonno erano sempre quelle. Poi qualche battuta nuova per i bambini. Come si chiamano i fiori? Le marghetire ? Nooo le margherite! Ah, ecco, bravi! I Tulipiani? Noooo i tulipani. I giralune? Nooooo hai sbagliato! E i bambini si divertono a correggerti.

Girovaghi con il tendone riscaldato

La famiglia girava tutto l’anno con un tendone riscaldato per gli spettacoli, due o tre roulotte per dormire e una  carovana come cucina. In Valcamonica, Valsassina, Valtellina, in Aprica, sul lago di Garda.  Burattino principale,  Gioppino dai tre gozzi di Zanica, un paesano bergamasco con le ghiandole grosse, i gozzi. Tanta gente nelle valli intorno aveva il gozzo perché mangiava male, mancava lo iodio. E se qualche forestiero arrivava in paese e alzava la testa per guardare il campanile, sembrava che voleva prendere in giro quelli col gozzo, perché camminano con la testa alta per via di quelle patate  grosse sul collo. Gioppino è rozzo, ma buono, difende i poveri e li aiuta. Un ignorantotto, parla a vanvera. Come quando va in piazza Duomo a Milano, vede una bella sigolina: buongiorno bella bionda artificialle. E lei, buongiorno bel cretino naturale!                                                                 

Franco Pirlo

Oggi il dialetto non lo capiscono

Fino a sette, otto anni fa le commedie erano in dialetto. Poi ci hanno chiamato nei centri di vacanza per bambini, a San Benedetto del Tronto, Santa Marinella, Nocera Umbra. Là non   puoi parlare il dialetto. E anche qui da noi: nonna che belli i burattini, però non capivo quello che dicevano, perché parlavano in … francese ! Insomma, il dialetto è incomprensibile per loro. Allora facciamo le battute in italiano, ma non è la stessa cosa, cambia molto.
Ho sempre aiutato Marco a montare il teatrino. All’inizio mi vergognavo a fare la voce della principessa. E poi quando mi emoziono  mi si strozza la voce in gola. Una volta mi sono bloccata, non riuscivo più a continuare. Lui sa fare 12 o 13 voci. Io la voce della vecchia non riesco proprio, allora la fa lui. Manovra due burattini, a volte subentro io con un altro burattino.

I burattini di Carla Saccenti Pirlo                                          

I nostri burattini sono vecchi, più di cento anni. Tutti in legno, fatti a mano dall’artigiano Manzoni di Bergamo. Mio marito Franco pitturava le facce dei burattini,  gli dava l’espressione. Io cambiavo i costumi. Mi è sempre piaciuto cucire i vestiti del re, della principessa. Facevo la voce della donna, la vecchia strega, di tutte le vecchie delle commedie. Venti commedie a memoria. I fondoscena con i dipinti del castello, della piazza, di una strada, quelli si rovinano dopo quattro o cinque anni, allora devi cambiarli, e sono costi. Le scenografie ce le fa un certo Bane di Martinengo, proprio bravo. Sono 15 anni che non faccio più spettacoli. Mi mancano tanto i miei burattini. Mi manca la vita che facevo. Cominciavo presto al mattino, in giro a portare manifesti dello spettacolo, a pagare tutto quello che ti chiedevano.

Giovanna Ranghetti, aiutante burattinaia

Fino al ’79 abbiamo girato con la carovana, poi ci siamo fermati. Oscar è stato il primo figlio a fare le medie. Non ci lasciavano, a noi girovaghi, fare le medie. Bisognava fermarsi, avere una casa. Così ci siamo fermati  a Mornico al Serio e poi, dall’ ’82 a Palazzolo S/O. Oggi non si fa niente per salvare i mestieri della tradizione. Si fanno tutti il bel di bocca, ma poi tanti soldi da pagare in anticipo, tipo la Siae, senza sapere se quei soldi riuscirai a guadagnarteli. Non si va avanti, così.

Giovanna: all’inizio facevamo a biglietto

Ho conosciuto Marco che era già fermo. Io sono di Pontoglio, lavoravo in una filatura. Nel 1984 ci siamo sposati e messi in proprio. Anch’io mi davo da fare. Al mattino, presentare richiesta scritta con marca da bollo per avere il permesso per lo spettacolo e pagare elettricità, suolo pubblico. All’inizio facevamo a biglietto. Io rimanevo fuori per i biglietti e per lo zucchero filato. Se c’è pubblico, qualcosa incassi, altrimenti ci perdi, con tutte quelle spese. Poi hanno cominciato a chiamarci negli oratori e nelle scuole materne. Avevamo la licenza con  il libretto ministeriale autorizzato, con la placca del ministero del turismo e dello spettacolo.  Poi l’hanno tolto, il libretto, e adesso la  licenza la possono chiedere anche quelli che non sono burattinai per tradizione, basta solo aver fatto un po’ di scuola con i maestri. Ma il nostro lavoro fa parte della tradizione dello spettacolo viaggiante e va tutelato.

I bambini si divertono

E’ un lavoro che mi piace molto, conosci gente, giri in posti diversi e fai divertire, soprattutto i bambini. E se riesci a far ridere i bambini questa è la più grande soddisfazione. Quando sono entrata anch’io nel teatrino, mi sono resa conto,  è davvero faticoso: chiusi dentro, in piedi, braccia sempre alzate,  muovere i personaggi. I burattini vanno animati molto. E Marco è proprio bravo a manovrarne due insieme. Pollice e medio infilati nelle maniche, indice nell’apertura per muovere la testa. Li fa ballare, abbracciare, duellare. Brighella, i due sergenti, lo scheletro, il re, la vecchia del Montebianco, Fagiolino.  Quando Gioppino usa il bastone, è difficile tenerglielo bene  tra le braccia.  Mi piace tanto la commedia della principessa rapita. Piace molto anche ai bambini e io faccio la voce della principessa. A volte succede che ci dimentichiamo di portare un personaggio. Marco è abile e  lo sostituisce con  un altro, e improvvisa battute diverse. Così esce una nuova commedia.

Tanti non conoscono i burattini

Pensare che quando ho conosciuto Marco e mi ha detto che suo padre faceva il burattinaio, io non sapevo che lavoro era. Così a 18 anni ho visto per la prima volta uno spettacolo di burattini, fatto dai miei suoceri Franco e Carla. Anche oggi capita di incontrare persone che non hanno mai visto uno spettacolo di burattini. Sono successe anche cose non belle. A mio suocero hanno rubato un camioncino con tutti i burattini. Li hanno trovati in discarica, che potevano macinarli tutti. I vigili ci hanno avvisato e sono stati salvati. Anche durante l’intervallo è capitato che li rubavano. Hanno un valore. A San Pellegrino una coppia di artigiani li costruisce a mano. Anche noi ne abbiamo fatti costruire due, il sergente e il re.

Contenti di aver parlato dei burattinai                                       

Fino a sette, otto anni fa c’era molta richiesta.
Un anno all’ Epifaniaci hanno chiamato in cinque posti, non siamo riusciti a contentarli tutti. Negli ultimi anni ci fanno problemi, sul lungolago non ci danno più il permesso per via dei  turisti, e credono che uno spettacolo dei burattini non è adatto, troppo misero. Allora ti mandano fuori, lontano dove i turisti non arrivano. E non è bello. Dopo Chiari portiamo lo spettacolo a Castelcovati. Poi speriamo a ottobre, da altre parti per le feste della castagnata. Si vedrà. Siamo contenti di aver parlato del nostro lavoro di burattinai. Non ci è mai capitato. E’ la prima volta. Grazie davvero.

Marco con la mamma Carla Saccenti