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Emanuela ambulante e frittellaia

Lella, ambulante e frittellaia

Quando arrivano le giostre a Chiari, è una festa vera. La si aspetta tutto l’anno e  non è san Faustino se non ci sono le giostre e le frittelle. Lella, origini mantovane, arriva puntuale ogni febbraio.

Affabile, occhi vispi colore delle sue nocciole, e una innata  disposizione a stare con la gente. In grembiule bianco, la trovi dietro al suo banco a trafficare tra pastelle, olio, zucchero e bastoncini.   Si capisce che lo sa fare come si deve, e con passione, il suo lavoro.

Da mia mamma l’ho imparato. Tutti la chiamano nonna sprint. Bisogna vederla quando balla!  Lei si occupa dei palloncini, li sa gonfiare  bene e con il filo fa un nodo al polso del bambino: “Devi stare attento, non farlo volare in cielo, altrimenti il nonno non te ne compra un altro”.

Invece Fabio lavorava con l’autoscontro, ma poi abbiamo deciso di fare gli ambulanti di dolciumi e frittelle. Io riesco ad andare avanti perché  offro  la  qualità. Cortesia e qualità.

Mi trovo bene nella piazza di Chiari e anche con le Botteghe. Quando c’è il “Fuori tutto”, come a marzo ci mettiamo d’accordo: mi date un posto qui per una giornata e io vi faccio tre ore di zucchero filato gratis  per i bambini. E in cambio posso  vendere le mie frittelle, nocciole e mandorle fatte al momento, con dimostrazione e assaggio gratuito. Bisogna stare molto attenti, se sono in finale di cottura si bruciano, nella pentola di rame che gira. Si deve spegnere la fiamma, lasciar raffreddare un poco, si riaccende e la fiamma caramella lo zucchero. Lo zucchero deve avvolgere le mandorle, non deve bruciare. Quando la mandorla scoppietta vuol dire che è pronta per essere caramellata. Non c’è zucchero grosso, il mio è un rivestimento sottile.

 Le mie frittelle sono diverse dalle altre, dipende da chi le fa.  Stesso impasto, stessi ingredienti, ma cambia la mano e  le mie sono davvero speciali.  Tante donne mi chiedono la ricetta delle mie frittelle e io gliela dico : “ mangiare una delle mie frittelle e avere subito voglia di mangiarne un’altra” e pensare che sono grosse così. Le faccio con il cuore. La soddisfazione è quando la gente ritorna. Preparo al momento anche  le crepes. Se le vogliono farcite  le riempio di nutella e a volte: “non esagerare è troppa, dopo mi ingozzo !”

Lo so, noi creiamo disagio alla gente del posto, alle famiglie che abitano dove ci lasciano mettere le giostre. Eh, la  musica la senti, le voci dei microfoni, strombazzi del simulatore e  del castello dei mostri, la gente che arriva, le luci colorate che si accendono e spengono e ti entrano in casa. Però i loro figli vengono e trovano un divertimento sano, all’aperto, non c’è pericolo. Anche noi dei banchetti siamo i primi a intervenire. Ci guardiamo un po’ tutti. E ci aiutiamo. Quando è andata giù una giostra per una tromba d’aria, tante famiglie di giostrai da tutte le parti hanno fatto colletta per la giostra in difficoltà.

A Chiari mi è piaciuta molto la giornata gratuita organizzata per le persone diversamente abili. Abbiamo fatto frittelle prendi due paghi uno. Oppure quella per i bambini e ragazzi. Si tira fuori gente dalle case. I bambini sanno che c’è quella tal giostra del mini bruco, la carrozza di Cenerentola e fanno la gara a prendere il codino, e dopo ci ritornano. Quest’anno pioveva, ma sono venuti  lo stesso mamme nonni e bambini. Fino a qualche tempo fa, i nonni non li vedevi. Adesso invece, con la crisi che gira sono loro a offrire giri sulla giostra o un giocattolino. “Eh, domani vieni con la nonna”. E un’altra  mamma: “ O lo zucchero filato o il giro sulla giostra”. Capita di vedere bambini pestar i piedi, piangere e buttarsi in terra. A volte vengono accontentati con la Peppa Pig, il Leone cane fifone o la coniglietta Pimpa.

Ti rendi conto che il disagio è tanto. Mancano soldi. La gente passa davanti al banco, è malcontenta. Io cosa faccio? La invito ad assaggiare le mandorle. Nessuno mi dice di no perché qui non c’è l’obbligo di comprare. Piaccio tanto anche alla gente, magari non ai miei concorrenti. Mi dicono che sono divertente, ogni volta uno spettacolo. Parlo al microfono, quello senza fili: “ Signori, forza che le frittelle le facciamo al momento, non ve le refiliamo. Signori dài che qui c’è la qualità” . Ancora: “ Ricordatevi che le cose dolci rendono felici e una frittella al giorno toglie il medico di torno”. E loro: “Eh, go al diabete, al colesterolo, pode mia”. Rispondo: “ Per una volta a l’an, quando gh’è la fera…è quello di tutti i giorni che  uccide, non la frittella. Non è san Faustino se non c’è la frittella neh! ”. Quando voglio far ridere: “ Sono pronte frittelle calde” e gli uomini, i vecioti sono i più tremendi, ci fanno sopra i loro commenti. Il mio lavoro è con la gente, aspettano la frittellaia più pazza di tutta la bresciana. Ma la gente non lo sa, dietro questo lavoro mancano gli agi. Ti arriva il vigile e ti dice sgomberare. Magari ho il permesso scaduto da un giorno e la mamma in ospedale. Ti senti un malessere che ti rimane addosso…Ma perché? Se sei una persona onesta, lavoratrice, hai la licenza, paghi le tasse, sei italiana. Una fortuna, a Chiari non succede. Il nostro non è un lavoro sicuro. Se oggi piove, non incasso. Arrivo e il Comune mi sposta: se sono davanti alla chiesa e devo andare in una via dove la gente ci deve arrivare per forza, si lavora la metà . Le spese, quelle sono sempre troppe.  Ogni piazza che vai devi fare la richiesta e compilare un sacco di carte. E la mattina, alzarsi anche verso le cinque per andare a una fiera, col gelo rimanere fuori tutto il giorno, è dura.

Mi occupo io di tutto, gestisco la contabilità dei banchi, ne ho uno grande , un altro più piccolo, così mi regolo con lo spazio che mi danno. Fabio è della famiglia dei Casadio, molto conosciuta, originari di Reggio Emilia. Ci siamo messi insieme nell’85, a Capo di Ponte. Lui è passato davanti alla mia bancarella, ho alzato lo sguardo e mi sono fulminata. Un gran bel ragazzo, molto corteggiato e mi ha fatto anche un po’ soffrire. Si fermava al banco e intanto mi mangiava le caramelle, erano lì a disposizione, non come adesso che sono protette. Gli piacevano tipo le more e i lamponi, quelle morbide e gelatinose. E anche adesso ti rodi il fegato perché nelle piazze che vai, quella là la conoscevo, con quella sono uscito, quell’altra mi correva dietro. Ma io tengo duro, non faccio una piega, rido e così si tira avanti. I Casadio l’autoscontro l’ hanno ereditato dai nonni dei nonni, più di cento anni di lavoro. Ma non rendeva per tre famiglie, così Fabio si è messo con il mio banco dei dolciumi. Non è lo stesso. Lui sapeva fare bene il saldatore, il meccanico. In inverno si sta fermi e si fa la manutenzione alle giostre. Sai qual è il guaio? Il  lavoro dei giostrai non è considerato e nemmeno riconosciuto. Abitiamo in una caravan. Non lo dico volentieri perché a volte la gente non capisce, ti guarda male, se lo sa. L’abbiamo ereditata dai miei suoceri, già usata, arredata in radica. Ora non si potrebbe più comprare. Adesso  bisogna mettere a posto la tettoietta  che fa da protezione. Ci penseremo. Questo è l’anno del Cancro, il mio anno, un anno fortunato. Chissà, forse riuscirò a sistemarla. Ma voi ricordatevi: le cose dolci rendono felici! Parola di frittellaia.