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Dall’Est Europa in Italia per assistere anziani e bambini

In Italia in cerca di lavoro

Dalla Croazia in Italia per scappare dalla guerra

Nada (Coccaglio). Ho cinquanta anni e vengo dalla Croazia. Sono arrivata in Italia diciotto  anni fa, nel maggio del 1991 per scappare dalla guerra di ex Jugoslavia. Sono venuta in Italia in macchina, con mio marito e i miei figli, lasciando là i miei genitori. Se non ci fosse stata la guerra non sarei mai venuta in Italia perché al mio paese sia io che mio marito avevamo studiato tutti e due e avevamo una bella posizione. Quando sono arrivata piangevo sempre, non volevo stare in Italia, volevo ritornare al mio paese. Ho avuto anche molti problemi con la lingua italiana, perché nessuno di noi la conosceva. Un’altra grande difficoltà è stato avere il permesso di soggiorno, passavo interi giorni in questura tornavo tardi la sera senza concludere niente e ritornavo presto alla mattina a rimettermi in fila. Dopo due anni che eravamo in Italia siamo riusciti ad avere il permesso di soggiorno, così i miei figli hanno iniziato ad andare a scuola, perché prima senza il permesso di soggiorno non potevano andare. Fin da quando sono arrivata in Italia, ho fatto donna di servizio all’ Hotel Touring a Coccaglio, paese dove vivo. Ormai sono in Italia da molto tempo, mi sono ambientata e mi trovo bene, non so quando tornerò in Croazia. Adesso la mia vita è qui.

Dalla Romania in Italia perché là, anche se si lavora, non si riesce a vivere

 Maria Nitu (Chiari ). Sono arrivata in Italia a quarantadue anni, quattro anni fa. Sono stata fortunata perché è difficile trovare la gente buona… per i pregiudizi… invece mi hanno voluta bene come una figlia. Il mio lavoro si chiama proprio assistenza famigliare. Sto con una donna per fare di tutto. La signora ha novantadue anni e devo stare molto attenta perché gli anziani sono come bambini. Ci si affeziona… Quando sono andata via un mese in estate la signora mi mancava e anche io mancavo a lei, anche se all’inizio non mi voleva. La notte mi alzo tante volte perché se la signora si alza voglio stare attenta a lei, mi assicuro che non cade. In Romania non si poteva vivere con i soldi che ci sono, i prezzi sono come qui, ma se si lavora si prende centocinquanta € al mese e anche se si lavorava tutti e due, non si riesce a mantenere famiglia di tre figli come la mia. Ora guadagno bene e risparmio. Qui prendo ottocento € puliti, mangio dalla signora, dormo qui, spendo cento € per il telefono, ma riesco a risparmiare cinquecento € e da quando sono in Italia sono riuscita a comprare un piccolo appartamento in Romania. All’inizio ero in Italia sa sola, poi ho portato mia nuora e mia figlia. Una volta all’anno torno a casa, in ferie. Porto in Romania il caffè, che è buono qui in Italia e i prezzi sono quasi uguali! Per la verità…. credo che dovrò rimanere qui almeno ancora cinque anni.  All’inizio le difficoltà erano tante. Era più difficile la lingua, io non conoscevo bene lingua. Poi le abitudini che sono diverse, come preparare da mangiare. E’ un po’ tutto diverso. Ho imparato a cucinare perché devo fare da mangiare alla signora. Al mio paese mangiamo sempre carne di maiale, sapevo fare solo quella.

Dalla Repubblica Moldova, come infermiera in una Casa di riposo

Svetlana (Chiari ). Vengo dalla Repubblica Moldova. Tanti uomini bevono, bevono proprio tanto, sono alcolizzati. Muoiono giovani. Si ammalano e siccome sono già deboli, poi non c’è tanta assistenza negli ospedali, muoiono. Sono le loro donne, madri, mogli che lavorano e mantengono la famiglia. Non è bello parlare così di tanti uomini del nostro Paese, però è così. Il papà di una mia amica si è suicidato a cinquant’anni e ha lasciato la moglie e quattro figli. Una figlia, Liliana, la mia amica è venuta in Italia a lavorare. Credo che si fermerà in Italia e non tornerà più al suo Paese, perché i ricordi sono troppo dolorosi. Anche gli altri suoi fratelli sono sparsi in tutto il mondo: uno è in Canada e si è già sposato, un altro è in Grecia e il terzo lavora in Francia. E’ una famiglia che non esiste più. Ormai sono già passati dieci anni da quando io sono in Italia. Sono stata fortunata perché al mio Paese facevo l’infermiera e qui a Chiari, dopo aver fatto la badante per qualche anno, mi sono sposata e mi hanno assunto in una Casa di riposo. Almeno faccio il mio lavoro. Posso dire di essermi ambientata, ma anche per me all’inizio è stato difficile perché quando capivano che ero straniera, che venivo da un Paese dell’Est, mi dicevano che ero una zingara. Io dicevo: “No, non sono una zingara”. Allora cercavo di non indossare  mai niente di rosso e gli orecchini li ho sempre messi molto piccoli, perché io ho la carnagione olivastra e altrimenti potevo assomigliare ad una zingara.

Dall’Ucrania in Italia, in casa di mia suocera

Caterina (Chiari ). Ho avuto l’esperienza della badante con mia suocera. Quando è venuta da noi non era ancora regolare però eran già tre o quattro anni che era a Chiari, ma bisognava  mettere apposto i contributi e ogni tre mesi pagavamo seicento euro. Lei mi diceva: “Ma come mai pagate tanto così che i parenti dell’assistito delle mie amiche pagano solo trecento euro?”. Beh, mi sono chiesta come mai noi eravamo così sciocchi da pagarne  seicento. Allora, parlando col commercialista mi dice: “Possiamo licenziarla e poi riassumerla con un nuovo contratto”. E così è stato.

Quando lei ha voluto andare al suo Paese, voleva i due mesi di ferie e io le ho detto: “Voi volete solo i diritti, ma niente doveri!”. Sì perché tutte le domeniche che lei rientrava a casa dal giorno libero, aveva una novità. Le ucraine avevano il ritrovo a Brescia, e si scambiavano le informazioni. Quando è andata a casa in ferie l’abbiamo liquidata. Ho detto: ” Le diamo come è giusto la sua liquidazione che le spetta”. Ma lei voleva troppo. Mia suocera prendeva la pensione e l’accompagnamento, non è che navigasse nell’oro. Siccome i soldi erano tanti, erano più di quattromila euro che dovevamo darle tra liquidazione e ferie, dico : ” Quando vieni ti diamo un tanto, e poi ti daremo il resto”. E lei: “Mi dispiace, ma come servono a voi, servono anche a me”.  Ecco, mi ha risposto così!… Niente, è andata a casa, in Ucraina, per due mesi. Poi mia suocera ha cominciato a stare male, allora mia cognata le ha telefonato: “Potresti rientrare?… Magari sentendo te, avendoti vicina  soffre meno che con un’altra persona che non conosce… “. Perché mia suocera, con lei, con la badante ucraina, si era abituata, era lì da una vita!  “Non posso venire” – le ha risposto -. E nel frattempo, la nonna è mancata. Una telefonata, non l’ha mai fatta. No, mai.. E le mie nipoti erano disperate. Almeno una telefonata di dire: “Mi dispiace per la nonna che è mancata”. … Niente!  E lei lo sapeva che era morta. Adesso è ritornata ancora a Chiari. Quando ha deciso di rientrare, le sue colleghe le hanno trovato subito il posto. Però, tanto per dire, anche nell’altro posto dove lavorava prima dice che aveva troppo da fare, si lamentava. Qui era stufa di stare perché la nonna era troppo esigente. Loro, le badanti, sono brave… sono bravissime, ah, sì! Però devono uscire, andare fuori, svariarsi un po’. Durante la settimana, quando la nostra aveva il suo tempo libero per uscire, io  passavo sempre da mia suocera. La domenica aveva il suo giorno libero. Se lavorava anche di domenica le davamo cinquanta euro. Non è che se stava in casa non le si dava niente.

L’ altra badante che aveva messo lì lei, quando ha preso la decisione di andata via, continuava a chiedere soldi : “Mi servono, a me servono i soldi”.  Le ho detto: “Guarda che qui in Italia, di solito, prima  si lavora e poi si prendono i soldi!”. A volte capitavo là e: “Vai, se vuoi, intanto che ci sono qui io”. E lei, come al solito ne approfittava.  Non arrivava, non arrivava più.  “Dove sei stata?? Guarda che io non faccio la badante, non sono mica io la badante.  Devi star qua te a guardare la nonna. Io vengo qui ad aiutare a risollevarti un po’, ma tu non puoi stare in giro tutto il giorno e prendere anche i soldi !”.  E visto come è andata a noi, se dovesse servire, io consiglierei  di far ruotare i famigliari, oppure… Beh, parlare della casa di riposo… è brutta anche quella, però alla casa di riposo sono più assistiti. Perché quando la nonna stava male, la badante mi chiamava, dovevo andare io dal medico, andare a prendere tutto, dovevo fare tutto io. Lei, la badante non usciva per andare  in farmacia a prendere le medicine. Insomma, prendiamo il mio caso. Chi è da solo come sono sola io, anche se prendo una badante, chi viene a darle il cambio?

Comunque, devo dire che, tutto sommato, questa badante era brava. Però era brava quando eravamo presenti noi in casa di mia suocera. Ma noi non eravamo sempre là, e alle volte la nonna piangeva e diceva: “Eh,  l’è bröt  bé iga che n’altra persuna  ’n casa ! ( è molto brutto avere un’altra persona in casa)”.  Ma non mi ha mai detto niente di più. Mi rimane il sospetto per quando non c’era in casa nessuno…ecco. A volte, quando arrivavo a casa di mia suocera, stavano litigando. Eh, facevano di quelle litigate che a volte dovevo dire alla badante: “Ragazza mia,  per piacere, quando vedi che la nonna insiste, non vuole cedere, lei è un’ anziana, dalle ragione e finitela!”. E invece no. Si impuntava in una maniera che a volte si sentiva  dal secondo piano. Allora andavo dentro e mi mettevo a urlare anch’io. E così vi lascio immaginare.

 Studiavo la lingua italiana anche in Romania

Maria (Castelcovati ).  Anch’io vengo dalla Romania. Sono arrivata nel 2000. Da Roma mi sono trasferita a Chiari e poi a Castelcovati, dove adesso abito. All’inizio ho avuto tanti problemi, sono stata anche umiliata tante volte. Poi, però, sono stata fortunata perché ho incontrato delle persone che mi hanno voluto bene e nella famiglia dove lavoravo come badante mi consideravano come una di loro. Adesso sono contenta perché tutti mi dicono che parlo molto bene la lingua italiana. E’ una lingua molto bella. Io la studiavo anche in Romania prima di arrivare qui. E poi anche se faccio tanti sacrifici io riesco a mandare qualche risparmio alla mia famiglia. Ma io ogni giorno penso a mio papà e a mio fratello che ho lasciato in Romania, e mi vengono le lacrime agli occhi. Non ci vediamo da tre anni. Io spero tutto bene anche per loro.

 Ho avuto molti problemi con la lingua

Anna (Coccaglio). Sono una rumena di cinquant’anni. Sono arrivata in Italia circa sette anni fa. Ho  lasciato al mio Paese i miei figli, i miei nipoti ed altri miei familiari. Mio marito è morto prima che io  venissi in Italia, in un incidente sul lavoro. Sono arrivata in Italia con il pullman, da sola. Appena arrivata, ho iniziato a fare la badante nelle case degli anziani o da persone che avevano bisogno di aiuto. Io curo gli anziani, faccio un po’ di compagnia. Da tre mesi sto tutto il giorno con Giuseppina, la signora anziana che sto assistendo. Ho due ore libere per me, ogni pomeriggio. Così esco un po’, mi trovo con altre mie amiche e chiacchieriamo, oppure vado a comprare la ricarica del telefono. Ho deciso di venire in Italia a fare questo lavoro, anche se non è il mio lavoro,  perché ho bisogno di soldi per mantenermi e mantenere anche  la mia famiglia. La paga è appena abbastanza. Appena trasferita in Italia ho avuto parecchie difficoltà con la lingua per farmi capire e a comprendere quello che le persone mi dicevano. Anche quando entravo in un negozio non sapevo come fare per chiedere. Allora preferivo entrare in un supermercato così mi servivo da sola. Facevo già il conto della mia spesa e  preparavo tutti gli euro che mi servivano. Ma ora, dato che è da sette anni che sono qui, so parlare bene l’italiano e non ho più alcuna difficoltà. Io penso di rimanere in Italia fino a quando la salute mi permetterà di fare questo lavoro.

 Dall’ Ucraina in Italia per “finanze

Maria (Palazzolo S/O).  Io vengo dall’Ucraina, mi chiamo Maria. Faccio la badante. Sono in Italia solo da un anno. Sono qui regolare con visto di un anno. I documenti per visto me li hanno fatti persone quando sono tornata in Ucraina, perché prima di venire qua Palazzolo sono stata tre mesi a Salò e dopo la signora è morta perché molto malata. Allora mi hanno detto che mi facevano le carte. Sono tornata in Ucraina e dopo un po’ sono andata a Kiew e, con visto, sono tornata in Italia regolare. Adesso sto aspettando permesso di soggiorno da Brescia. Sono venuta per “finanze” con pullman con altre donne ucraine che conosco. Ho lasciato marito, figlia, figlio, e nipoti. Non è che non sto bene qua, così così. Mi manca troppo mia famiglia. Sono qua sola, non sono libera… solo alle due e alle quattro e telefono sempre, sento tantissimo mia famiglia. Sempre. Esco solo quando vado a fare spesa, solo venti minuti o un’ ora, però con Luigi il nipote. E poi domenica libera ma sono sempre qua, vado solo a fare un giro. Tutti molto buoni gentili vengono a trovare nonno e “Maria”. Ma sono vecchie, nonna Gina e Marta. Marta quando viene parla dialetto e io: “No Marta, no dialetto no capisco!”. Io tanta fatica con la lingua. No capisco bene, ho detto anche a te:  “Non so se riesco a capire. Italia lingua difficile. Italia dicono Ucraina difficile, ma Italia di più”. Il mio lavoro lo sai, mi alzo la mattina sveglio nonno, lavo, gli faccio la barba facciamo colazione pulisco casa preparo da mangiare…così, cose di casa. Io no so quanto stare qui, dipende. Oggi messo a letto nonno però domani non lo so cosa succedere. Ieri portato in ospedale, ma io non so…dipende boh, è vecchio ottantasette anni e sulla sedia a rotelle. Però penso in Italia tre anni per aspettare permesso di soggiorno. Riesco bene a stare qui e mando soldi a mia famiglia per casa.

Spero tu capito tutto, io no capisco bene. Tu capito, sì?

Abbiamo pensato di dare un’opportunità alle donne straniere per imparare la nostra lingua, ma non semplicemente traducendo alla lettera i termini da vocabolario a vocabolario, utilizzando invece un metodo molto più semplice che è quello delle immagini, dei “modi di dire” e dei “modi di fare”. La pubblicazione si intitola “Parole” e la distribuiamo gratuitamente. In questo modo le donne straniere si sentono accolte, capite, incoraggiate e aiutate a far fronte ai problemi più urgenti che la non conoscenza della lingua porta con sé, sia nell’ambito lavorativo sia nell’interazione con i nostri usi e tradizioni.

(da Intervista a Eleonora Turati, Ufficio Consigliera di Parità, Brescia ).