Anche il lavoro della balia metteva in condizione le donne di lasciare la loro vita familiare per andare presso famiglie benestanti ad allattare i loro figli. Invece, la balia asciutta ospitava ed accudiva figli di altri nella propria casa. Le prime donne che sono emigrate all’estero, soprattutto dal sud Italia, per vendere il loro latte, sono state le balie. Le balie potevano guadagnare anche il triplo di un operaio. Ma tante offrivano il loro latte senza essere pagate.
Balie asciutte
Pina (Chiari). Ho cominciato a dieci anni o forse prima ancora. Ho cresciuto i miei fratelli, otto maschi, perché la mia mamma lavorava. A ventotto anni mi sono sposata. Sono andata a Milano a lavorare. All’inizio ho cresciuto due bambine. Poi quando sono andate all’asilo ne ho allevati degli altri. Le famiglie si passavano parola: ” La tata fa così…la tata fa cosà “. Come nascevano, bisognava crescerli. Tirarli su dalla culla, lavarli, dare il biberon. Sui quattro anni andavano all’asilo. Cambiavo. Un’altra casa. Ne ho allevati tredici, tredici figli degli altri. Adesso sono grandi e sono già andata alla laurea quasi di tutti. Anche se uno ha trent’anni, ventisei l’altro e ventidue la piccola, quando i genitori nei fine settimana non ci sono, io vado a casa loro e preparo qualcosa di buono da mangiare. Perché – adesso – hanno tutte donne straniere in casa che fanno da mangiare – diciamo – non cucinano bene i nostri piatti – e così preparo quello che voglio io e loro sono contenti.
Ho ricevuto tutto dagli altri perché io di figli non ne ho avuti. Ero pagata anche pochissimo, però a me andava bene. Ah, comandavo io…Perché quando avevano bisogno di qualcosa, dicevo: “Ettorina, il piccolo ha bisogno del golfino, di un paio di scarpette per l’inverno”. In viale Tunisia c’era un bel negozietto con due vetrine di “Tato e Tata ”. E allora io andavo lì, compravo quello che mi faceva comodo, poi andavano loro, i signori, a pagare. Han visto che avevo buon gusto, quindi mi lasciavano fare. Eh, ma quando è nata la Lionella c’era da impazzire perché dopo sei maschi! Ma la gioia…la gioia! Non c’era niente di rosa. Allora corri a prendere il fiocco, vai a prendere il vestitino, la copertina rosa. Una meraviglia! Le mamme non lo sanno quello che perdono a dare i bambini agli altri. Il primo dentino…le prime parole, i primi abbracci …
Teresa (ospite Casa di riposo “P.Cadeo”,Chiari ). Quando mia figlia aveva quattro anni, ho preso a balia un altro bambino. Era il figlio di una signora che conoscevo, loro lavoravano. Mi ha chiesto se glielo tenevo io, ma non ad allattarlo. Ero asciutta, senza latte. Lo dovevo tenere lì in casa con me, mandarlo a scuola. A due anni l’ho portato all’asilo. Poi l’ho tenuto fin dopo le scuole medie. Adesso è diventato dottore. E lui mi chiama ancora la mia balia. E’ sempre stato un bravo ragazzo. La sua mamma l’ ha avuto dopo otto anni. Non arrivavano figli. Poi, alla fine è nato lui. Mi è dispiaciuto tanto quando dopo un anno è ritornato con la sua mamma. Ora la famiglia non è più a Sarnico, si è trasferita a Bergamo. Li ho persi di vista da tanti anni…
Maria (Castelcovati). Non voglio dire balia, a me non piace dire balia. Io ho allevato tre figli miei e tre figli degli altri perché mi stava a cuore far studiare i miei figli.Adriano èvenuto in casamia a diciannove giorni. La sua mamma aveva una grande trattoria e naturalmente eravamo amiche. Tanti ci chiedevano se eravamo parenti, se eravamo sorelle perché ci somigliavamo anche. Ci volevamo bene. La sua dinastia non ha mai allevato un bambino perché le mamme hanno sempre lavorato. I loro bambini sono sempre stati allevati per la maggior parte da balie senza latte. Le chiamano balie asciutte. Ad ogni modo, la mia casa era a Lodetto, c’era la ferrovia che divideva il paese. La mia casa dove sono cresciuti i miei figli era proprio attaccata alla ferrovia. Avevamo una loggia bellissima e Adriano andava sulla loggia a cantare, perché canta davvero bene, eh ! Cantava e diceva: “La mia casa sta qui – Il mio amore è laggiù, ma la mia casa sta qui “. A due anni cantava questo. Non so se mi spiego: a due anni.

Dunque, lui aveva la nonna paterna che non voleva lasciarlo là a me. Assolutamente. Era gelosa. Invece la mamma e il papà me lo lasciavano volentieri. Io l’ho tenuto fino a tre anni. Un giorno Adriano entra in casa e mi dice: “Ascolta, io voglio chiamarti mamma “. “Non posso. No. Perché non sono la tua mamma – non era giusto – tu chiamami zia che è lo stesso “. Ecco perché lui anche adesso mi chiama zia e invece Daniele, che è suo figlio, mi chiama nonna. Fin da piccolino Daniele ci chiamava nonno e nonna, è stato naturale. Era diverso. La mamma di Adriano, quando entrava in casa mia e vedeva che avevo ancora tanti panni da stirare, mi diceva: ” Dalli a me che li stiro io ” – per la paura che avessi troppo da fare e rinunciassi a tenere il bambino – perché, insomma…era molto impegnativo!
Nel ’79 sono andata nel Portogallo con mio marito. Ho fatto testamento prima di partire e a caratteri rossi ho messo: ” Vi prego, non prendete mai in casa un bambino degli altri “. Quello ho scritto. I miei figli non lo sanno, lo troveranno. No, perché è una cosa che non si può capire se non si prova. Lei vuol bene a questi bambini come ai suoi, ma non sono suoi. Una vecchia zia quando ha saputo che tenevo a balia dei bambini è venuta a casa mia a sgridarmi: ” Ma lo sai tu cosa stai facendo? Non farlo. Ti troverai pentita “. Io invece l’ho fatto. E mi sono trovata pentita davvero. ” Non farlo” – mi ripeteva. E aveva ragione. Perché lei aveva avuto cinque figli e son morti tutti appena nati, ma aveva il latte e allora faceva la balia. Un giorno, una sua figlia di latte se ne è andata via da casa e non si trovava più. Dopo un po’ di tempo abbiamo saputo che se ne era andata con un carrozzone di zingari che c’era lì a Chiari. Per quel motivo, la zia quando mi veniva a trovare piangeva sempre.

Ma io sono stata costretta a fare questo lavoro. E il mio dottore, che mi voleva un gran bene, un giorno mi dice: ” Se vieni da me ti insegno a fare le endovenose, così guadagni di più che tenere a bada i figli degli altri “.
” No, dottore. Non posso venire, non posso prender su la mia bicicletta con tre bambini e venire da lei a imparare “. Io i miei bambini non li ho mai lasciati a nessuno. Neanche a mia sorella. Ho fatto la balia perché i miei figli erano bravi tutti e tre a scuola. Io e mio marito li volevamo far studiare. Mio marito aveva già la patente in tasca, ma non me l’ha mai detto. Non ha comprato la macchina finché mio figlio non ha finito gli studi. Sono orgogliosa per quello che ho fatto per i miei figli. Ma la balia non la rifarei. Insieme ai miei tre figli, ho allevato due maschi e una femmina. La bambina l’ho tenuta a balia un anno. Non abitavamo qui, ma allo stabilimento. Sì perché quando noi siamo venuti qui a Castelcovati, la Soldo e Bruschetti voleva fare uno stabilimento, ché qua non c’era niente. Nell’ ’85-’86 avevano trovato la terra e nel ’91 lo stabilimento era finito. Mio marito lavorava in quello stabilimento e noi abitavamo lì, quando ho preso la bambina a balia.
Non lo rifarei non per il sacrificio, ma per il fatto che gli si vuol bene come ai nostri, ma non sono i nostri. Avevo sempre tanta paura anche per loro…L’ultimo figlio che ho tenuto a balia è stato il figlio di Adriano. Abitavamo qui vicini, porta a porta. Mio marito mi ha detto: ” Teniamolo qui noi, visto che la sua mamma lavora. Viene con noi a fare al spesa alla mattina, al mercato, a messa. Mangia con noi “. E così è stato. Ma io la balia non la rifarei più.
Balie di latte
Mi piace di supporre per un momento che (ai vostri figli) sia toccata in sorte la migliore nutrice. Si lodi pure in questa l’indole mansueta docile virtuosa gioviale; abbia un’età conveniente, un temperamento non troppo pingue ma sanguigno e robusto. Esente da ogni malattia abbia i capezzoli ben prominenti e sensibili, le poppe molli e gonfie di un latte dolce e di media consistenza; sia finalmente avveduta piena di attività di tenerezza di sollecitudine pel vostro pargoletto. (* )
Enrichetta (Trenzano). Ho fatto anche la balia, a trent’anni, quando il mio Mauro a dieci mesi pesava dodici chili e aveva già i denti. Vengo fuori da messa prima, la levatrice mi chiama e mi chiede se non mi faceva niente ad allattare quella bambina lì, perché altrimenti moriva. La levatrice ha detto alla sua mamma: “Tua figlia è sana sanissima. Se trovi la balia…anche se ha già partorito da un anno, ma che ha il latte, fai dentro la figlia, altrimenti fra tre giorni fai il funerale “. L’ho allattata sei mesi. E’ cresciuta un chilo e mezzo. Non la riconoscevi più quella bambina. Me la portavano a casa alla mattina e l’ultimo pasto era alle undici di sera. Mille lire al giorno mi sono fatta dare. Di latte ne ho sempre avuto, ma bisognava mangiare. La suora mi aveva fatto entrare all’asilo, a mangiare la minestra. Lo faceva per i poveri, a gratis, il Comune. E io me ne mangiavo due o tre scodelle…così fino a sera non mangiavo più.
Teresa (ospite Casa di riposo “P.Cadeo”,Chiari). Il primo bambino l’ho preso a balia quando aveva un mese e poi l’ho allattato fino a un anno perché dopo non avevo più il latte. Quando è nata, mia figlia non digeriva bene il mio latte. Allora ho provato col boccettino, il biberon,insomma. Invece, quell’altro bambino che ho preso a balia, col mio latte veniva via bene. Si vede che era latte sostanzioso, per lui era buono. La famiglia mi pagava. Io tenevo il bambino a casa mia, giorno e notte. I genitori venivano a trovarlo. Erano contenti di come trattavo il loro bambino. Poi è stata a casa sua mamma dal lavoro e l’ha tenuto lei. A quel bambino bisognava fare tutte le cure che andavano fatte. E se si ammalava chiamavo il dottore. Come se è un figlio tuo. Mi è dispiaciuto tanto quando dopo un anno è ritornato con la sua mamma. Ora la famiglia non è più a Sarnico, si è trasferita a Bergamo. Li ho persi di vista. Sono passati tanti anni…Io la volevo proprio fare la balia, per aiutare la famiglia. Ero a casa, allora avevo tempo di fare quel mestiere lì. Mio marito, invece no, lui non voleva.
Carla (Castelcovati). A ventidue anni avevo già due figli e allattavo sia mia figlia che mia nipote. La bambina mi veniva portata a casa. Non venivo pagata perché eravamo tutti poveri e spesso non avevamo neppure di che mangiare, quindi pagare un allattamento sarebbe stato un lusso, che pochi potevano permettersi. Ho dovuto allattare mia nipote per circa quattro mesi perché altrimenti sarebbe morta. E veder crescere una vita è stato per me motivo di grande gioia.
Margherita (Castelcovati). Allattavo un bambino che era molto ammalato, altrimenti sarebbe morto. Come tanti. Non ero pagata perché la famiglia di questo bambino era veramente povera. L’ unica ricchezza erano i figli.

Non si dovrà poi mai ad una Nutrice mercenaria consegnare un figlio infetto. Qualora [… ] non potesse essere allattato dalla propria madre, converrà farlo allattare da una capra, che docilmente può prestarsi sulla culla medesima a farsi succhiare (*)
Giò ( Nuora della sig. Rosy, Chiari ).Mia suocera, la nonna Rosy, ha fatto anche la balia. Ha cominciato, credo quando è nato il primo figlio, Piero, mio marito. L’altro bambino appena nato era un parente, un figlio di uno zio. La mamma di questo bambino non aveva latte abbastanza, perciò aveva chiesto alla Rosy, che invece ne aveva tanto – era una donna minuta eppure aveva tanto latte – le ha chiesto se poteva allattarglielo. Pagarla? Ma neanche a pensarci. C’erano gli scambi in natura! Ti do un coniglio, tu mi dai una gallina, due uova, una manciata di granoturco… Questi erano i pagamenti. E lei mi raccontava che alla fine poi tu senti questo bambino come se fosse tuo, lo vivi come se fosse tuo, e lo fai veramente volentieri. Però, diceva: ” Non nego che quando la cosa si fa lunga, dopo mesi, quattro, cinque, sei, sette mesi tu hai il tuo bambino da allattare, ma hai anche quell’ altro bambino e allora diventa un lavoro molto pesante! “.
E il papà di notte glielo portava, perché piangeva. Il tuo ce l’hai lì nel letto o nella culla quindi lo allatti quando è il momento della poppata. Ma là, c’era una mamma che non aveva latte, quindi di notte lo portavano alla balia. Ecco non era tanto perché non era pagata, ma alla fine si sentiva uno straccetto perché ci metti anima, cuore, ma anche il fisico. Mi raccontava che sì, ha dovuto anche dirglielo ecco… di essere un pochino più discreti perché proprio non ce la faceva più. Invece a me è capitato quando ho avuto la mia Aurora. Questi cugini dell’ Ecuador sono venuti ad abitare qui e mia cugina ha avuto la bambina… sei o sette giorni a differenza dalla mia Aurora, ma aveva poco latte. Così io mi sono prestata a dare il mio latte a questa bambina. E adesso è una gran bella ragazza, alta più di me, che però ha un nasone come il mio! Allora i genitori mi dicono: ” Colpa tua, colpa tua… è perché le hai dato il tuo latte, guarda che cosa le è saltato fuori! ” – Ahahahah! Eh sì è andata così…
(Egli) E’ fuor d’ogni dubbio che i figlj commessi alle nutrici degenerano da proprj genitori partecipando del carattere del temperamento e dell’indole delle medesime. Per convincervi di questa verità riflettete che gli agnelli allattati da una capra hanno la lana più dura, ed i capretti allattati da una pecora hanno un pelo assai più fino dell’ordinario. (*)
a balia appena nata (Chiari ). Appena nata, mia mamma mi ha mandato da una balia, allo Zocco, perchè non aveva latte. Quella donna mi ha allattato per qualche mese, ma io sono rimasta a balia da lei fino a quando ho cominciato ad andare a scuola e, quindi, a sei anni mi sono trasferita a Chiari, dai miei. Io con la mia famiglia da cui sono andata a balia ho sempre avuto buoni rapporti. Mi hanno sempre trattato come una loro figlia al punto che spesso venivo anche privilegiata rispetto agli altri figli. Per esempio, questa famiglia aveva il forno in casa, così pensavano loro a fare il pane, e una volta a settimana, per invogliarmi a mangiare, mi facevano sempre delle bamboline di pane, in modo che io mi divertivo a mangiare le braccia, le gambe e così via. Mi ricordo che la mattina per colazione tutti mangiavano solitamente la minestra avanzata la sera prima. Il loro nonno per me, invece, preparava il latte col caffè. Vivevamo in campagna e spesso andavamo insieme a passeggiare e a divertirci nei loro campi. Quando arrivava mio papà a trovarmi, tutti gli correvano incontro perché ogni volta sapevano che ci portava le caramelle. In tutti questi anni ho mantenuto i rapporti con quella famiglia, soprattutto con le figlie, ma non con la mia balia, la loro madre, che è morta circa quarant’ anni fa.
Né dee ciò recar meraviglia se oltre alle accennate cose si rifletta all’abitazione umida e malsana, alla vita laboriosa delle Nutrici, allo scarso vitto, ed ai cibi duri indigesti grossolani dall’indigenza loro apprestati. Qui porvi dovrei sott’occhio i continui pianti e grida de’ vostri figlj trascurati per le domestiche incombenze e lasciati nella puzza de’ loro escrementi: qui dovrei rammentarvi le scottature, le escoriazioni, le infiammazioni, le rotture che da tale trascuranza ne provengono; potrei citarvi esempi di figlj caduti ne’ precipizj, divorati da lupi, da porci, o malconcj in guisa da rimanere storpj per sempre; potrei ricordarvi molti figlj soffocati da Nutrici sonnacchiose. Potrei…ma troppo feroci sono questi colpi alla vostra tenerezza.(*)
Piera (Castelcovati). Eravamo mezzadri. Quando i Barcella di Chiari sono venuti a Castelcovati da noi a vedere i raccolti hanno visto mia mamma che stava allattando e le hanno chiesto se era disponibile ad allattare una loro cugina che stava morendo perché avevano provato tante balie, ma nessuna aveva il latte adatto. I Barcella han chiesto a mia mamma di rimanere da loro giorno e notte per allattare la bambina e le avrebbero dato uno stipendio che era di trecento lire. Siccome eravamo poveri, allora mia nonna l’ha un po’ obbligata a stare in questa famiglia, per poter guadagnare qualcosa. I Barcella avevano detto all’inizio che tenevano anche mia sorella Maria, in questo modo mia mamma poteva continuare ad allattare anche la sua bambina. Invece le cose forse si sono complicate… Così mia sorella l’ hanno riportata a casa. Mia mamma soffriva di questo perché doveva lasciare il marito, una figlia a casa per adottare, allattarne un’altra. Le era pesato. Era troppo per lei. Poi non è che rimanesse sempre a Chiari. Andava anche nelle diverse tenute che quei signori avevano, a Frontignano.

Maria Così io sono stata a casa con la nonna. Mi ha sempre allevato lei. E la mamma ogni tanto veniva a casa, a Castelcovati. Poi quando ero più grandicella, andavamo sempre a trovarla, a Chiari, la Elisabetta. Noi abbiamo ancora un bel contatto con questa signora Elisabetta. Lei ci considera veramente come sorelle perché: ” Siamo state allattate dalla stessa mamma. Se non fosse stato per la vostra mamma – lei dice – io non sarei vissuta “.
E’ fuor di ogni dubbio che i figli commessi alle Nutrici mercenarie degenerano da propri genitori partecipando del carattere del temperamento e dell’indole della medesima Nutrice….Riflettete che gli agnelli allattati da una capra hanno la lana più dura, ed i capretti allattati da una pecora hanno un pelo assai più fino dell’ordinario. La natura sa con vero zelo vendicare i torti crudeli che fate a’ vostri miseri figli abbandonati ad una Nutrice mercenaria. [ ] Se dunque vi preme di conservare la vostra salute e l’avvenenza del vostro volto e del vostro seno, se vi piace di vedervi continuati gli omaggi e le tenerezze dovute alla beltà, non ricusate di allattare i vostri figli, adempite questo vostro importantissimo dovere di natura. Egli non è poi tanto pesante quanto la moda ve lo dipinge…
Sentite come vi parla il maggior Chimico del cuore umano il mellifluo Metastasio
con cui mi piace di conchiudere. (*)
Del destin non vi lagnate
Se vi rese a voi soggette,
Siete serve ma regnate
Nella vostra servitù.
Forti noi, voi belle siete,
Ma vincete in ogni impresa
Quando vengono a contesa
La bellezza e la virtù.
(*) da Dissertazione contro le Nutrici mercenarie letta nell’ Accademia Letteraria di Chiari, di Sebastiano Migliavacca professore di Chirurgia e corrispondente dell’Accademia di Venezia,1794. Fondazione Biblioteca Morcelli – Pinacoteca Repossi, Chiari.