Rom bosniaci/
Discriminazioni e pregiudizi, compagni di viaggio
A dieci anni dalla pubblicazione, è sempre molto attuale il racconto di Velija Ahmetovic I Rom della Bosnia (Mobydick, Faenza, 2005, pp. 125, Ä 18,00). Non è usuale trovare un poeta tra i ergaši, il popolo delle tende. Le porta sempre con sé quelle sedici poesie scritte in lingua romaní, con la traduzione a fronte perché – dice – esprimono il sentire del mio popolo, quello dei rom Khorakhanè di Bosnia-Erzegovina, sconosciuto anche nella terra d’origine.
“Sono nato sotto una tenda / vicino a un fiume. Ero con mio padre e mia madre […] Una piccola tenda ed un cavallo legato“. Velija è nato a Kralupi, all’inizio dell’estate del 1962. Il padre Selim, da buon ergaši, faceva il calderaio, stagnava le pentole, si spostava nei primi giorni di primavera con la “erga“, una tenda, per cercar lavoro, fino alla fine dell’ autunno. La mamma Emina andava a “manghel“, chiedeva l’elemosina.
Negli anni Settanta, la famiglia lascia la “erga“ e si ferma a Celebici, un piccolo villaggio vicino Konijc. Costruisce una casetta, il padre cerca lavoro in una fabbrica, la madre vende vestiti usati al mercato. Fanno studiare i figli. Velija, dopo il diploma in una scuola professionale, lavorerà come fresatore, fino alla grande crisi economica degli anni Novanta. Molti, già trent’anni prima, avevano lasciato le proprie case per emigrare in altri Paesi a lavorare come venditori ambulanti.
Nel 1991 in seguito alla guerra in Bosnia, rom bosniaci raggiungono la Germania e l’Olanda, Velija arriva in Italia insieme ad altri profughi. Dopo varie peregrinazioni, trova ospitalità a Rimini. Sposa Sofija, anche lei di famiglia ergaši, Avranno cinque figli.
Consapevole che l’analfabetismo ostacoli l’emancipazione, impedendo di migliorare le condizioni del proprio popolo, scrive: “Ho provato io a mordere questa mela, per far gustare a tutti il sapore della nostra vita“. La tradizione orale con Velija si traduce sulla pagina perché possa essere tramandata. Immagini inedite a colori raccontano la vita quotidiana intervallata dalle feste della tradizione, e vengono sottolineate le diverse peculiarità dei gruppi rom.
I Khorakhanè (lettori del Corano), il grande gruppo di rom della Bosnia- Erzegovina, sono ancora la minoranza più consistente. “Si comportano come i musulmani, nomi musulmani, qualcuno osserva le regole e comandi del Corano, come il ramadan. Ma il popolo rom tende ad adeguare la propria espressione di fede alla fede del popolo in mezzo cui vive“.
Ai ergaši, Kaloperi, Arlije – gruppi minori Khorakhanè – da secoli in Bosnia-Erzegovina, qualche decennio fa si è aggiunto il gruppo proveniente dal Kosovo e dalla Macedonia, un po’ separato dagli altri. In tutto, settanta-ottantamila persone. “La maggior parte degli Arlije quando va a registrarsi agli uffici pubblici si presenta come gagiò, (non rom) anche per questo il numero dei rom bosniaci non è preciso“.
Claudia Piccinelli
vedi link: Rassegna libertaria