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Regina, sorella di Flavio, a destra con la signorina e un'amica

Alla colonia per ferrovieri “Regina Elena” a Calambrone, primi anni ’60’

Il racconto di Flavio, classe 1952

Ci sono ritornato l’anno scorso e l’ho rivista la colonia elioterapica “Regina Elena” di Calambrone, sul litorale di Pisa. E’ una colonia storica, costruita agli inizi degli anni Trenta. Fino al 1977 ci andavano i figli dei dipendenti delle ferrovie. Oggi è  ristrutturata, ben tenuta, ma non c’erano bambini. Adesso è una residenza per vacanze.

Sono figlio di un ferroviere. Mio padre, Silvio Carradore, è arrivato dal Veneto negli anni ’50. Il lavoro in campagna non era sicuro, per via del raccolto. In ferrovia invece c’era uno stipendio fisso. Ai figli dei ferrovieri, lo Stato dava la possibilità di andare in vacanza in colonia. Mi hanno mandato con mia sorella Regina, di un anno più grande: “andate voi, non siamo sicuri di andare tutti insieme al mare a marina di Chioggia”.

La partenza in treno

Con mia sorella mi accompagnavano da Calcio a Chiari. Si aspettava la tradotta, un treno speciale per Milano. Ho conosciuto lì Maurizio e siamo ancora amici,  perché mio papà diceva: “stai vicino a Maurizio, è figlio di un mio amico ferroviere, Angioletto Parma”. Ci dividevano subito, maschi e femmine. Mia sorella non l’ho più vista.  Il ritrovo con altri gruppi di bambini  in stazione Centrale  e c’era già quasi buio. Il viaggio si faceva di notte. Bisognava salire tutti su un altro treno. La stazione in ferro, immensa, un altro mondo.  Ho visto per la prima volta la Centrale. Cominciava l’assalto allo scompartimento per rimanere insieme. A Pisa ci svegliavano. Nessuno voleva scendere dal treno. Caricati su un pullman ci portavano fino dentro il piazzale della colonia.

Sembrava una colonia penale

Nel cortile, ore in piedi o seduti sulla valigia. Intanto, si decideva il nostro destino. Ci smistavano, nell’ala di destra i maschi, in quella di sinistra le femmine. Facevano l’appello, ci pesavano come vitellini, all’arrivo e alla partenza. Formavano le squadre e poi accompagnati in queste camerate enormi, con quel comodino in legno con l’alzata e dentro, solo il cambio della divisa, quella per tutti i giorni e quella della domenica, due cappellini diversi, uno bianco con la tesa, per la  domenica. Tutto piegato molto bene. La preghiera solo nella camerata, con la signorina. Le messe non me le ricordo. L’alzabandiera alla mattina, quella sì, con l’inno d’ Italia. Tutti in fila. La direttrice saliva sulla terrazza e da lì controllava tutto. Ma io ero già abituato alla severità, andavo a scuola a Calcio, dalle suore, tutte femmine, solo dieci maschi.                                        

La spiaggia  con le dune

“Non andate oltre le dune”, urlavano le signorine. Non dovevamo superare le dune di cespugli. Al riparo sotto un tetto piatto, un pergolato di canne di bambù, in cerchio. Facevo le buche e costruivo il mio motoscafo. Invece, per la pista, uno si siede sulla sabbia, un altro lo tira per le gambe e così si forma la pista. Per il bagno, c’erano le corde, non ci potevamo avvicinare. In spiaggia volevo vedere mia sorella, ma se vedeva che qualche bambino si allontanava dal suo spazio, la direttrice vedeva tutto e chiamava la signorina e ci venivano subito a prendere. Ho incrociato mia sorella solo una volta, durante una passeggiata.

Sonnellino obbligatorio

E poi, il pomeriggio, in pineta. Dalla nostra  parte del cortile, noi maschi giocavamo a pallone. Le femmine, dalla loro parte, non so a cosa giocavano, non le vedevo. Per la merenda, tutti in fila con il nostro bicchierino, passavi dall’inserviente, col mestolo te lo riempiva di latte freddo. Sentivo ancora il buon sapore del latte puro, quello della mattina, con il pane a fette quello toscano, senza sale, buonissimo. Invece per cena mi ricordo solo padelle grandi con le uova tipo ciarighì.
A volte ci davano il ghiacciolo. Poi con il bastoncino, lo bagni, lo tieni piegato, si forma un’elica. Anche l’elica doppia, col filo di ferro, tenuto da due bacche. E si aspettava il vento per farla girare. Il ritorno,  il giorno più bello. Perché si metteva l’elica fuori dal finestrino, così si vedeva se funzionava davvero.

Di sera, i cartoni animati

Aspettavo la sera, per i cartoni animati. Li guardavamo a turno. Ma se  capitavi quando il proiettore magari non funzionava, si saltavano i cartoni. E allora mi dispiaceva, una delusione perché mi sembrava di essere al cinema. E io al cinema non ero mai andato.

Vecchissime le signorine

Le vedevo molto vecchie, ma avranno avuto 17 o 18 anni. Solo una me la ricordo buona. Consegnavamo i soldi, ma alla fine mancavano sempre. Con la scusa che dovevamo pagare le  cartoline e i francobolli, ma non sapevamo contare i soldi. Avevo comprato la mucca Carolina, gonfiabile, ma a casa non l’ho mai portata. Scrivevo le lettere a casa. Le signorine leggevano la posta. Dovevamo scrivere che andava tutto bene.

Il ritorno con la cena al sacco

Aspettavo il ritorno anche per la cena al sacco, con quella cotoletta impanata, altissima, tenera, saporita, con un pane bianco, morbido. Buonissima, un sapore mai più sentito. Forse l’avranno fatto per farci rimanere impresso un buon ricordo della colonia. Mah! Non lo so. Perché la prima volta  il mare l’ho visto in colonia, ma non era la gioia del mare. Per me il mare era quello di marina di Chioggia, quando ci andavo con tutta la mia famiglia. Infatti, dopo due anni i miei genitori hanno capito  e non mi ci hanno più mandato in colonia. E mio fratello, più piccolo di me, non c’è proprio andato.

Calambrone, ex colonia “Regina Elena” vista dal mare, padiglione sud

Con i fratelli Carradore condivido il destino di essere figlio di ferroviere. Qui siamo nel 1968 e questo sono io, sempre alla colonia di Calambrone. Poi sono seguiti quattro anni di colonia a Ballabio (LC).
Di Calambrone ho rimosso tutto, incubi compresi.

Leonardo Baldassarri, Calambrone, 1968