In piazza della Libertà a Pesaro, in una serata estiva ancora calda di sole un’artista di strada arriva in sella alla sua Legnano. Traina un carrettino a due grandi ruote e dentro il carrettino una valigia piena di oggetti misteriosi, cappelli appoggiati uno sopra l’altro, un attaccapanni, una tavola di legno. Lisa Gaffo, capelli chiari legati in morbide trecce, giovane scricchiolo di pura energia stretta in un abitino rosso, intrattiene con il suo numero un folto e curioso pubblico di grandi e piccini. Al termine dello spettacolo, dopo avermi scrutata con due occhi azzurri da dietro le lenti degli occhialetti, accetta di condividere il racconto della sua arte.
Per esibirsi a cappello c’è bisogno di un’energia diversa
Lo spettacolo di strada si fa soprattutto in estate, nelle località turistiche. E’ diverso e più difficile rispetto a uno spettacolo in un festival, perché nei festival si lavora in un ambiente protetto, invece quando ci si esibisce a cappello per strada, bisogna trovare un’energia diversa. Sono ospite, ma nel momento in cui invito e chiedo agli spettatori di entrare nella mia bolla, ora sono loro gli ospiti. E gli ospiti vanno trattati bene. Va donato loro quel qualcosa affinché si possano fidare. E dall’altra parte anch’io sono sempre ospite. Mi sposto con il camper e la cagnolina. La mia casa è sempre vicina al mio lavoro e sono sempre a casa, ovunque mi trovi. Siamo ospitali in modi diversi, con realtà diverse.
Nessuno è convinto di voler vedere uno spettacolo di strada, e non è detto che il pubblico rimanga. La capacità sta nel farlo restare ed entusiasmarlo abbastanza perché il momento del cappello arriva, e c’è bisogno di un contributo, libero ma indispensabile. In Italia l’arte di strada è libera anche se alcuni Comuni mettono delle limitazioni. Basta una piazza, ci si ferma. Può capitare di trovare altri artisti che vorrebbero esibirsi, allora bisogna accordarsi.

Empatia, ascolto, sensibilità, intuizione
Questa piazza della Libertà mi piace, molto variegata, tanta gente diversa. Si mescolano diverse energie. Devi intuire chi potrà giocare con te, chi no. Mi piace individuare nel pubblico chi ha voglia di essere interessato al coinvolgimento. Ci vuole sensibilità, intuizione, si apre il canale dell’empatia e dell’ascolto per riuscire a creare un microclima con ogni spettatore.
La differenza è che quello che prepari in creazione è più veloce, più mobile sera per sera: funziona o non funziona. Accade tutto in quel momento, ci si deve adattare e mettere in scena la propria energia. Per essere credibile in ogni situazione devo creare un lavoro certosino, ed è difficile proprio perché non c’è mai una regola fissa. Ci vuole tempo, molto tempo.
Il mio maestro di scrittura comica, Domenico Lannutti, dice “Si ride per nicchia”. Ed è proprio vero. In teatro si accendono i fari e in sala non vedi nessuno, invece in strada passa tutto dallo sguardo.
Tutto è cominciato perché ci stavo in una valigia
Sono un’acrobata aerea, mi esibisco nei festival. Ma quando ho iniziato con un’amica non avevo alcuna competenza, se non il fatto che io ci stavo in una valigia. Monia ed io avevamo un forte legame comico ed è nato il primo spettacolo, con una bozza di regia di Peter Weyel, al Teatro Manifatture Knos di Lecce. Nella situazione comica, la mia amica si occupava di benessere, il prodotto fantastico per migliorare il benessere psicofisico dell’essere umano era contenuto nella valigia. Nella valigia c’ero io!
Lasciata Milano, in Puglia vivevo in una masseria di autogestione e autosostentamento. Poi ho scoperto l’acrobatica aerea, così da Taranto mi sono trasferita a Torino, in una scuola di arte circense. Ho frequentato l’ Atelier di Teatro fisico di Philip Radice, attore e regista teatrale statunitense, il primo a portare il teatro fisico in Italia. E’ nata pure la compagnia di teatro “Due X Uno Cinque”: lo spettacolo su un piccolo palco, di 2m X 1, cinque attori sempre in scena, chi non recita si trasforma in oggetti e crea scenografie.
Dalla palestra slip per l’artista in mutande, al progetto SLIP
Ho dato il mio contributo anche al progetto “Slip”, Spazio Libero Incontro Partecipazione, nato dall’esigenza di avere uno spazio di allenamento circense a prezzi popolari. Nei festival mi esibisco con acrobazie aeree, in particolare corda aerea e tessuti. Tengo corsi di acrobatica aerea in diverse città d’ Italia, rivolti soprattutto a chi volesse iniziare a scoprire questa arte circense, ma anche a coloro i quali desiderassero continuare un’esperienza sulle tecniche base di potenziamento fisico, che saranno applicate al lavoro sugli attrezzi.
Richiamo e scelta etico-politica di condivisione e inclusione
Per portare in scena uno spettacolo, si richiede molto impegno, fatica fisica, allenamento in palestra, prove in teatro , workshop per l’evoluzione personale, ma anche perché l’arte è sempre in movimento, cambia.
La passione è la spinta inevitabile per la scena. Io in teatro ci voglio andare perché ho qualcosa da dire. Ma anche qui, in strada, porto un messaggio. Ho lasciato un lavoro a tempo indeterminato. Questo mio lavoro non lo lascerei mai. Quando fai fatica ad ottenere qualcosa e trovi qualcuno che sta facendo la tua stessa fatica, allora ti offri per condividere. Il circo è inclusione, il teatro è inclusione, il teatro di strada è inclusione. Ed è importante che succeda.
In Italia si è persa la virtù della piazza, il condividere uno spazio comune, le cose. Oggi lo spazio pubblico non lo riconosciamo più come nostro, da tenere con cura. Le cicche delle sigarette non si buttano per terra. Riappropriarsi della condivisione di uno spazio pubblico tra persone che non si conoscono e trovare un’energia unica tra tutti, quello è il nostro spazio. Bella l’energia di tanta gente tutta insieme.
Saper dominare l’imprevisto come un domatore
Nel numero che sto presentando in questa stagione, il personaggio russo di Maruska propone un elisir che può tutto, l’elisir della carovana. La prima estate del coronavirus non era il caso di portarlo in strada, il secondo anno, con il dovuto distanziamento l’ho rappresentato lungo tutta la costa adriatica. La gente aveva bisogno di ritrovare la normalità. Vicini, mascherati, ma vicini. Non lasciamoci trasformare. Si è persa la spontaneità, il contatto fisico. Povera Maruska, quest’anno la guerra!
Ci sono serate con degli imprevisti, come un ubriaco difficile da tenere a bada. Allora chiedi a un papà del pubblico di prendere per mano l’ubriaco durante il numero del lancio dei coltelli. Il papà collabora e così lo spettacolo continua. Può succedere che non si piantino i coltelli nella tavola di legno con al centro un palloncino da colpire per ultimo. Oppure il palloncino scoppia da solo senza colpirlo, magari per una scheggia e allora si rompe la magia, la magia che ci teneva uniti. Però finito lo spettacolo, si mette via tutto e così si mettono via anche i pensieri.
Nell’arte di strada, le vicissitudini, le stranezze, gli imprevisti portano alla ricerca di soluzioni che migliorano e arricchiscono il bagaglio dell’artista, la sua capacità di tenere la scena, per non lasciarsi sottomettere, ma per dominare l’imprevisto come un domatore, perché il pubblico ti vuol vedere vincere. Anche il clown deve avere il suo momento di gloria, per quanto piccola.
Claudia Piccinelli